martedì 30 ottobre 2012

MHP: cos'è e perché conviene


di Cosimo Azzarito



L’interoperabilità tra i dispositivi necessita della creazione di infrastruttura e protocolli che rendano possibile le comunicazioni tra i dispositivi stessi. Questo risultato tecnico è importante soprattutto per quello che comporta nell’ utilizzo sociale del medium: l’interoperabilità favorisce infatti il libero flusso di informazioni, il pluralismo dei media e la diversità culturale, oltre a crescenti opportunità di business.

Per quanto riguarda il broadcasting digitale attualmente esistente, quanto detto è reso possibile dall’esistenza dello standard aperto MHP.


MHP e le applicazioni MHP (dette Xlet nel gergo degli sviluppatori) si basano sul noto linguaggio di programmazione JAVA: questa scelta unanime da parte del consorzio che si sta occupando dell’implementazione (il  DVB Project) è stata intrapresa considerando il livello di maturità, la portabilità universale e i molteplici skill di sviluppo di JAVA, sul mercato ormai dal 1995.

 A differenza di altri middleware “proprietari” sviluppati per la realizzazione dell’interattività su D-TV (OpenTv, Liberate, MediaHighway), MHP è speciale perché è un linguaggio standard aperto, le cui specifiche sono state implementate dal  DVB Project a partire dalla fine degli anni Novanta e la cui conformità è garantita dallo ETSI (European Telecommunication Standard Institute).


Oltre a realizzare le aspettative dell’ Unione Europea sulle condizioni più idonee allo sviluppo del mercato all’insegna di varietà e  concorrenza, la nascita e la diffusione di MHP comporta vantaggi per tutte le figure coinvolte nel mercato:  sviluppatori, imprese di broadcasting, produttori di dispositivi perché aumenta l'indipendenza dei singoli player, diversifica e arricchisce le strategie di sviluppo dell'intero comparto audiovisivo, permette facilmente la condivisione dello stato dell'arte in termini di soluzioni tecniche implementate.

Cosimo Azzarito

Televisione digitale interattiva: quali sono le "proprietà emergenti"


di Cosimo Azzarito



Il concetto di proprietà emergente (o, con lessico specialistico, di affordance) identifica la risorsa che un ambiente o un oggetto “offre” ad un soggetto in grado di coglierla .Ad esempio tutto ciò che ci viene suggerito dalla conformazione di un manico costituisce il gruppo delle sue proprietà emergenti.


In termini quasi filosofici, la proprietà emergente è l’opportunità di azione o inibizione, oppure l’ “invito” dell’ambiente o dell’oggetto ad essere utilizzato in un certo modo. L'affordance può essere diffusa direttamente dal flusso di informazione che l’ambiente fornisce all’organismo (affordance diretta) oppure, esso può essere il risultato del processo di interpretazione del contesto da parte del soggetto percipiente (affordance mediata).

Il rapporto tra un soggetto e un medium si forma quindi dall’interazione tra le due tipologie di affordances nell’ambito delle proprietà fisiche del medium stesso.

Presentate in termini di affordances, le  potenzialità nel caso della televisione digitale sono:

  • Flussi multipli di audio e video: i telespettatori sono abilitati a scegliere e combinare vari tipi di inquadratura e di commento audio.
  • Fattore tempo personalizzabile: i telespettatori possono manipolare la fruizione di contenuti audiovisivi rispetto al fattore tempo, è possibile registrare, riveder, mettere in pausa, saltare gli spot pubblicitari contestualmente alla ricezione di contenuti real-time (time-shifting).
  • Accesso multiplo: Informazione e contenuti sono raggiungibili in più di un modo. Il broadcasting interattivo è potenzialmente multi-piattaforma.
  • Bidirezionalità: la possibile attivazione di un canale di ritorno abilita all’interfacciamento bidirezionale tra spettatore e broadcaster
  • Non-linearità: Il broadcasting dei contenuti si apre a modalità di fruizione che legittimano la rottura del flusso canonico, nel tentativo di aderire ai bisogni e alla disponibilità dell’utenza
  • Personalizzazione: un punto focale della nuova televisione è la crescita del controllo sui contenuti e sull’esperienza fruitiva da parte dell’utente. 

Cosimo Azzarito

venerdì 19 ottobre 2012

L'interfaccia Wimp: il pointer


di Cosimo Azzarito


Il Puntatore ricopre le veci del meccanismo che permette all'utente di operare le proprie scelte nell'utilizzo di qualsiasi interfaccia, associando generalmente la scelta alla coordinazione di una sequenza di gesti fisici.

Anche qui la traslitterazione semantica dal senso comune dei gesti è la chiave del successo per comprendere la naturalezza degli strumenti di puntamento. Bisogna infatti notare che l’azione del puntare è fortemente e intrinsecamente legata a quella di indicare o indirizzare lo sguardo o il dito: per questo semplice motivo il “pointer” si costituisce come un altro elemento essenziale delle interfacce grafiche che si riallaccia a un comportamento molto comune delle persone del mondo reale.

Il puntatore assume infatti la forma delle freccia o del dito indicante, imitando i sistemi di segnalazione e indirizzamento più intuitivi e diffusi. Oltre a guidare l’azione e manifestare l’intenzione dell’utente all’interno dei vari programmi o applicazioni, il puntatore serve altrettanto per comunicare lo status della computazione da parte della macchina, svolgendo così diverse notifiche di feedback per l’utente relative ad azioni che correntemente intraprese (segnalazione di attività “in progress”) o azioni potenziali, che quindi potrebbero essere intraprese (segnalazione della valenza “attiva” di un link o di un tool generico ecc.). 

Cosimo Azzarito

L'interfaccia Wimp: il Menu


di Cosimo Azzarito



Un altro dei concetti-oggetti molto diffusi nella vita quotidiana e di cui il mondo informatico si è appropriato per meglio commercializzare il mondo del personal computer è il celeberrimo Menu. Come le finestre e le icone, anche il Menu è strettamente legato alla vita di tutti i giorni e fa parte del comune vocabolario di base. In termini generali, il menu è associato al concetto di “lista” e di “scelta”. E tali caratteristiche essenziali sono riprodotte fedelmente nell’uso delle interfacce grafiche, rispetto le quali il menu identifica il set di comandi e funzioni selezionabili a seconda del compito che l’utente deve svolgere.


Più in generale, il concetto basilare della progettazione di un Menu risiede nell'elezione di un set di funzionalità che si vuole rendere immediatamente raggiungibili dall'utente mediante opportune "scorciatoie": tali appaiono le voci di un menu che il progettista sceglie e colloca accuratamente.

L'altra grande funzione universalmente svolta dai menu è quella dell'orientamento dell'utente: l'architettura di navigazione presentata da un menu è infatti determinante nella formazione del modello mentale che l'utente si forma a proposito dell'applicazione o del prodotto che sta usando.


Lo sviluppo delle interfacce dotate di menu ha segnato un decisivo sorpasso delle interfacce a linee di comando in cui le istruzioni venivano invece impartite utilizzando semplici righe di testo, inaccessibili ai più.


I menu cambiano a seconda del tipo e della “mission” delle applicazioni, ma conservano numerose funzioni generiche, spesso imprescindibili e di base (salva, nuovo, taglia, copia, incolla, ecc,), che accomunano l’utilizzo dei software più disparati, su tutte le piattaforme, i dispositivi, e i relativi contesti. Dal punto di vista del design e dell’interazione, è fondamentale porre la dovuta attenzione alla navigabilità delle sezioni del menu, qualsiasi servizio si stia offrendo.


Cosimo Azzarito

L'interfaccia Wimp: l'avvento delle icone

di Cosimo Azzarito



L’avvento dell’ Icona è stato sicuramente decisivo per segnare il passaggio dalle interfacce alfanumeriche a quelle user-friendly. La scrittura iconica ha trovato nella programmazione “object-oriented” le tecniche informatiche necessarie alla sua affermazione come linguaggio di individuazione e riconoscimento di file, cartelle, applicazioni, collegamenti, e varie segnaletiche che informassero con immediatezza gli status dei processi in corso.


E infatti oggi esistono icone per qualsiasi aspetto dell’esperienza dei computer e, sebbene questo linguaggio visuale si sia sviluppato da meno di due decadi, ha dato vita a un vocabolario ricco e complesso, dotato di una grammatica identificabile. Le icone devono essere ideate e realizzate rispondendo a una serie di prerogative, tra cui l’esigenza di comunicare la più complessa delle idee in una modalità semplice ed elegante, che trascenda la diversità di linguaggi e culture. Da ciò discende il tentativo di ridurre gli elementi visivi nelle loro componenti essenziali, cercando i modi più efficaci e concisi per rappresentare un’idea, attraverso l’impiego di metafore, allegorie e tecniche visive.


Nel design delle icone, grande importanza è data alla configurazione visiva che risulti, al contempo, minimale, di inequivocabile riconoscibilità, di immediata e ampia comprensibilità, nel processo di stilizzazione rappresentativa di idee e concetti. Si parte, come sempre, dal mondo reale, insistendo su convenzioni e abitudini di significazione delle comunità di persone utenti.

La standardizzazione iconica registra la confluenza di significazioni preesistenti nei nuovi contesti di interazione mediata. Dal punto di vista scientifico e disciplinare, invece, per assicurare il raggiungimento di obiettivi del genere, lavorano assieme evidenze provenienti dalla psicologia cognitiva, dalla semiotica, dalla linguistica, che fanno del linguaggio visivo iconico un ennesimo prodotto interdisciplinare, riflesso delle stesso coacervo di HCI (human computer interaction), informatica, ergonomia cognitiva, teoria della comunicazione, semiotica della notazione e rappresentazione, che è di insostituibile ausilio nel design delle interfacce.

Cosimo Azzarito

L'interfaccia digitale e i suoi antesignani

di Cosimo Azzarito


La storia dell’interfaccia digitale è la storia del passaggio dai complicati linguaggi di programmazione gestiti e progettati da matematici e informatici, all’invenzione delle interfacce grafiche negli anni Settanta presso lo Xerox Parc di Palo Alto, a partire dalle quali sono state realizzate quelle comunemente dette user-friendly dei nostri attuali PC, ossia le interfacce progettate per la più diffusa adozione presso il vasto pubblico.


Lo sviluppo successivo prima dei prototipi, “Alto” (1973), “Star” (1981), poi del “ViewPoint” di Xerox, ha fondato la convenzione di adoperare oggetti grafici comprensibili da milioni di utenti a cui si è pervenuti attraverso i sistemi Lisa (1983) e Macintosh (1984) di Apple, fino a giungere alla consacrazione del desktop environment con il successo dell’ interfaccia Windows di Microsoft.


Si tratta dunque di un lungo e rapido percorso evolutivo durante il quale il computer, da prerogativa di pochi tecnici e informatici che interagivano con le complicate macchine attraverso modalità del tipo “ricorda e digita” ( remember and type), è diventato un utensile domestico con cui comunicare attraverso una modalità del tipo “vedi ed indica” ( see and point).


Cosimo Azzarito

giovedì 18 ottobre 2012

L'interfaccia Wimp: la potente metafora delle finestre

di Cosimo Azzarito


L’interfaccia grafica eletta a standard di riferimento è quella costruita con la struttura WIMP (Windows, Icons, Menu, Pointer), cioè su una potente metafora basata sul "modello della scrivania", sorta come prodotto dei centri di sviluppo (come il principale, lo Xerox Parc) le cui finalità progettuali si rivolgevano originariamente all’implementazione di metodologie e tecniche che garantissero i livelli di usabilità necessari allo sviluppo del mercato dei prodotti di automazione per ufficio.


Il successodella WIMP-GUI (Graphical User Interface based on Windows Icons Menu and Pointer) è infatti dovuto sostanzialmente alla trasposizione digitale, in forma di scrittura figurata, di oggetti e concetti desunti dal mondo reale domestico e, perciò, facilmente interiorizzabili. Lo spazio della Finestra, ad esempio, è concettualmente potente nel significare “l’area di lavoro”, in cui focalizzare l’attenzione e produrre la configurazione spaziale desiderata. Molteplicità e dinamicità dimensionale garantiscono un grado flessibilità che ben si presta all’organizzazione intuitiva della struttura spaziale da parte di svariati tipi di utenti.


L’apertura e la chiusura dello spazio di una finestra, il popolamento per riempimento dello stesso di icone distintive di formati e applicazioni, identificano strutture concettuali e configurazioni gestuali (ad esempio il “drag and drop” in ambito desktop e web) di straordinaria aderenza ai suggerimenti dell’intuito comune riguardo a come delimitare e raggruppare informazioni connesse in qualche modo secondo lo user.


I contenitori mobili delle windows, in funzione dell’ indiscussa persistenza in ogni occasione di interazione digitale e su pressoché qualsiasi dispositivo, hanno acquisito nel tempo gli effetti dell’antonomasia, tant’è che, come già notato in precedenza, il "windowed style" è tra i cavalli di battaglia dell’influenza che il computer ha esercitato su tutto il parco mediale in commercio, senza escludere neanche il mass medium per eccellenza, la tv.

Cosimo Azzarito